CANTO I
Un giorno di tanti anni fa,
era l’inizio di una primavera senza sole,
in una città dalle belle cupole verderame
s’incontrarono i babelwebiani –
pionieri nel paesaggio fantasioso
della comunicazione interattiva
dello scambio intercomprensivo
della ricetta tipicamente mia tua sua
del posto più bello
del viaggio più avventuroso
del fumetto più reale
del film più avvincente –
pionieri, appunto, come in un nuovo continente
o pianeta, se vuoi, delle parole… E ora,
ora che son passati più di settecento anni
e le cupole verderame sorridono sotto cupole di cristallo intergalattico,
resta di loro un ricordo di parole soffiate
nella fibra di vetro …
Di quando
i babelwebiani gioivano di strette di mano
abbracci, baci di affetto
scambiati davvero, seppure
nascosti dietro schermi di computer,
e simulavano elettroniche distanze,
di quando
nelle loro case cucinando
vitelli tonnati maionesi pizze torte
e bevendo vini colorati
credevano increduli ancora alla velocità del bit
e s’infiammavano per i video di youtube,
di quando
litigavano per libri di cartone morbido e bianco
mentre la neve ancora imbiancava le loro strade grigie
e distinguevano tra i rossi dei garofani e quelli dei semafori
raccontandosi storie,
consigliandosi viaggi,
fecendo versi delle loro solitudini,
Io, poeta incerto che la lingua antica di quegli anni
conservo riscoperta documentata solo dagli affanni
di chi volle che dalla distruzione rimanesse
un segno della vita
segno digitale (come si diceva quando babelweb viveva),
io ricordo.
E di quel mondo disparuto io canto …
[continua]
era di sera e la stagione tardava